VIAGGI, PENSIERI, EMOZIONI
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Thursday, August 26, 2010

Capitolo 39

Gli esperti che studiano l’antica Grecia dicono che all’epoca la gente non si considerava padrona dei propri pensieri. Quando gli antichi greci formulavano un pensiero era perché una divinità aveva deciso di dargli un ordine. Apollo gli diceva di essere coraggiosi.

Atena di innamorarsi.
Oggi la gente vede la pubblicità delle patatine al formaggio e si fionda fuori a comperarle.
Tra la TV, la radio e gli incantesimi di Helen Hoover Boyle non so più cos’è che voglio davvero. Quanto posso considerarmi attendibile.

….

Ci aggiriamo nel labirinto di mobili, su di noi pendono i lampadari spenti e scollegati. Dalla finestrella filtra il chiarore lunare.
Facile no? Dice Helen. Possiamo fare qualsiasi cosa.
No, le dico. Lei può fare qualsiasi cosa.
Helen dice: Mi ami ancora?
Se vuole. Non lo so. Se lo dice lei.
Helen alza gli occhi verso i lampadari, verso culle gabbie di cristallo e dorature. Dice: hai tempo per una sveltina?
E io lo dico: come avessi scelta.
Non so più cos’è che voglio e cos’è che sono addestrato a volere.
Non so più cos’è che voglio e cos’è che mi si costringe a volere con l’inganno.
Mi riferisco al libero arbitrio. Esiste davvero oppure è Dio a stabilire e imporre tutto ciò che diciamo e desideriamo? Possediamo il libero arbitrio o sono i mass media e la cultura che ci controllano, che controllano i nostri desideri e le nostre azioni fin dal giorno in cui veniamo al mondo? Io agisco per libero arbitrio o è l’incantesimo di Helen che si è impossessato della mia mente?

….

Immaginate l’immortalità, una condizione per cui anche cinquant’anni di matrimonio sembrano una storiella di una notte. Immaginate di vedere le mode e le tendenze, nascere e spegnersi. Immaginate il mondo affollato da secoli di umanità disperata. Immaginate di cambiare religione, casa, dieta e carriera così tante volte che ogni cosa perde il suo valore. Immaginate di viaggiare finché ogni centimetro quadrato del mondo vi viene a noia. Immaginate di rivivere emozioni, amori odi, rivalità e vittorie all’infinito, finché la vita non si riduce ad una melodrammatica soap opera. Finché la nascita e la morte di altri individui non vi provocano la stessa emozione del buttare via un mazzo di fiori appassiti.

….

Potere, denaro, cibo, sesso, amore. Ne avremo mai abbastanza? O il fatto di averne un po’ ci spinge a desiderarne sempre di più?
Dentro quel fluttuante guazzabuglio di futuro, io non riconosco nulla. Vedo solo altro passato. Altri problemi, altre persone. Meno biodiversità. Altra sofferenza.

….

I mass media, la cultura, ogni cosa mi innesta le sue uova sottopelle. Il Grande Fratello mi riempie di bisogni.

Davvero voglio una bella casa, un’auto veloce, mille amanti bellissime? Davvero voglio tutto questo? O sono semplicemente addestrato a volerlo?
Davvero tutto questo è meglio di ciò che possiedo già? O sono semplicemente addestrato ad essere insoddisfatto? Che io sia vittima di un incantesimo per cui niente è mai abbastanza?

….

Ma allora, se davvero la realtà è solo frutto di un incantesimo, se davvero tu non vuoi ciò che pensi di volere, se non possiedi il libero arbitrio. Se non sai cos’è che davvero sai. Se non ami chi credi di amare. Cos’è che ti spinge a vivere?
Niente.

tratto da
Ninna nanna di Chuck Palahniuk

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Saturday, August 21, 2010

Se potessi urlare terra

Potrei raccontare di una nuvola bianca che avvolge un colle nell'unico giorno in cui non è solo. Pagnotte alla disgraziata, ricotte forti, seppie ripiene, vongole veraci, stocco a' ghiotta.
Un passaggio a est, dove la taranta pizzica pizzica. Delusioni del cuore e dell'amore. Potrei spendere ore a parlare di un nuovo ritorno, della mia nuova casa, di quello che non ho.
Dei passaggi di tempo, delle anime salve, di Palermo e del suo decadente silenzio in una domenica d'Agosto che non appartiene a nessuno.
Oria, cicoria, finocchietto selvatico e fichi d'india. ulivi e vino. Otto anni di tempo. Quello che ero, il mio pensiero libero, il non-pensiero.
Per chi sono queste parole?
Lettere per nessuno, lettere di altri che leggono altri ancora.
Poesie silenti.
Silenzi che ho aspettato per mesi e che poi nessuno ha voluto.
Se sono confuso è perchè non so scrivere niente di tutto quello che io ho vissuto.
Oggi sono a Tangeri, schiacciato dalla prua di cemento scrostato di una barca che ha toccato di nuovo terra.
Terra che io non posso urlare.
Terra dopo un'oceano che non ho navigato ma ho vissuto.
E nel mio mare non ho ancora smesso di naufragare.

Tuesday, August 3, 2010

c'è un po di strada...

30 euro, per favore.
Disse Nico al benzinaio.
Il benzinaio si allontana, riempie il serbatoio e torna e prendere i soldi.
Mentre sta inserendo le banconote nel malloppo che tiene in tasca come tutti benzinai che si rispettino, Nico gli chiede.
Scusi, per Monreale proseguo dritto?
Si, prosegui, poi troverai le indicazioni.
Ah, grazie. Quanto dista, più o meno.
C'è un po' di strada.
...ehm...grazie.
Nico ingrana la prima e dopo solo due metri scoppiamo tutti a ridere.
C'è un po' di strada?
Ma che vuol dire?
Quanto è quel po'? 10 chilometri? 10 minuti? E poi fa differenza se io faccio i 90 all'ora o i 40?
Il tono sembrava di uno che c'è andato l'ultima volta almeno 20 anni fa in bicicletta.
Tuttavia la strada che si inerpica sulla collina alla periferia di Palermo è segnalata quanto meno decentemente e riusciamo a raggiungere Monreale senza troppi problemi, dopo una decina di chilometri dal centro della bella e imponente città Siciliana.
Il Duomo aspettava rovente appena dietro l'angolo di un muro che occludeva lo sguardo mentre ci rifocillavamo all'ombra con sfincione e Nero d'avola.
La maestosità esterna non è nemmeno equiparabile agli splendidi mosaici interni, alle meticolse e inspiegabili sculture del transetto, all'imponenza del vuoto delle navate e delle colonne che le separano. Stentavo a credere che una simile preziosità non mi fosse stata adeguatamente raccomandata in precedenza se non dalla compagna di viaggio, instancabile paladina della sicilianità, anche di quella del benzinaio approssimativo.
L'escursione fuori porta a Monreale è stata la ciliegina sulla torta di un weekend iniziato a Montalbano Elicona, un piccolo comune del messinese annoverato tra i borghi più belli d'Italia, dove è stato proprio il palato il primo a deliziarsi, con un panino farcito con provola locale, olive schiacciate e pomodoro, innaffiato da una fresca birra Messina, per non tradire l'orgoglio locale.
Il pomeriggio già fresco di aria di alta quota e bagnato da gocce di pioggia estiva si è dileguato tra piccoli vicoli e viste d'espansione sulle colline di noccioleti e uliveti e la valle estesa fino agli angoli di mare visibili dal castello., trasformato per una notte da fortezza medievale a milonga di tango e seduzione.
Chiaro di luna, stelle, pietre centenarie, luci radenti e note di malinconia argentina hanno reso incantevole lo scenario di passi di danza ed eleganza, dove la musica si trasformava per qualche istante nei corpi congiunti di uomini e donne nascosti nella notte.
Il mattino seguente l'autostrada per Palermo era vuota. Quasi surreale.
Stesso desertico sfondo per la passeggiata cittadina, nel tempo che i siciliani dedicano al pranzo o all'ozio.
Ancora deserto sulla via del ritorno.
Il sole quasi a mollo sul mare, le Isole Eolie perfettamente visibili su una fascia d'arancio.
Un inarrestabile susseguirsi di gallerie nelle quali siamo costretti ad infilarci, intevallando il buio al tramonto, sperando che il sole aspetti ancora un po' prima di sparire. Le nubi sono basse, quasi piccole vicino alle montagne intorno alla città.
La musica è a tutto volume.
Io rido, sorrido, canto. Rido ancora.
Per qualche chilometro, per qualche istante tra una canzone e il mare, per quel sapore di sarde che avevo ancora in bocca, per un tempo eternamente breve mi sono sentito leggero, felice. Soprattutto completo.


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